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Già solo guardando la cartina orografica del Piemonte si potrebbe paventare l'aspetto di un appetitoso formaggio. Uno suadente formaggio con i suoi profumi, la sua consistenza, la sua fragranza e la irresistibile voglia di addentarne uno spizzico.
Perchè il Piemonte ha tutto ciò che occorre. Alte Montagne che da sud con il gruppo delle Marittime e poi via via con le Cozie, le Graie e le Lepontine fanno una catena che racchiudono come una mano semichiusa i tre quarti dei confini.
Montagne che offrono un riparo dalle correnti di Nord Ovest.
Montagne da cui nascono grandi e piccoli fiumi che percorrendo tutta la pianura che si estende a partire dal centro portano tanta e tanta acqua utile alla crescita delle erbe foraggere.
Montagne che ospitano tanti e tanti pascoli ancora rigogliosi ed alpeggi. Montagne vive di tradizione. E di formaggi. I formaggi...
Già solo guardando la cartina orografica del Piemonte si potrebbe paventare l'aspetto di un appetitoso formaggio. Uno suadente formaggio con i suoi profumi, la sua consistenza, la sua fragranza e la irresistibile voglia di addentarne uno spizzico.
Perchè il Piemonte ha tutto ciò che occorre. Alte Montagne che da sud con il gruppo delle Marittime e poi via via con le Cozie, le Graie e le Lepontine fanno una catena che racchiudono come una mano semichiusa i tre quarti dei confini.
Montagne che offrono un riparo dalle correnti di Nord Ovest.
Montagne da cui nascono grandi e piccoli fiumi che percorrendo tutta la pianura che si estende a partire dal centro portano tanta e tanta acqua utile alla crescita delle erbe foraggere.
Montagne che ospitano tanti e tanti pascoli ancora rigogliosi ed alpeggi. Montagne vive di tradizione. E di formaggi. I formaggi alpini. Ancora uno dei pochi capisaldi rimasti a presidio delle alte quote.
E poi ci sono colline ricche di vigneti come le Langhe ed il Monferrato.
Colline povere d'acqua di fiume ma adatte ed idonee ad allevamenti di pecore e capre.
E pianura. Tanta pianura.
Ricca di tradizioni ma soprattutto ricca di sviluppo e di lavoro in tutti i settori economici e quindi anche in quello caseario.
Ma siccome il dna del casaro piemontese arriva da lontano (nel tempo) e da vicino (dalle sorgenti di tutti gli innumerevoli fiumi, fiumicciattoli e rigagnoli), la tradizione non si va a perdere mai, neanche nella grande produzione di pianura.
Il Piemonte ed il formaggio sono nati per sposarsi oppure per prendersi in adozione. Non si sa chi tra di loro due può fare il capofamiglia o non si può indovinare chi tra loro due adotta e chi viene adottato.
Ma il Piemonte che sotto le sue insegne regali unì l'Italia politicamente, è ancora sempre ed oggi un re. Il re. Il territorio dei re. Dei re del formaggio e dei formaggi da re.
Casualmente, leggendo qua e là, ho potuto notare che tanti pseudoagiografi della storia casearia piemontese hanno nominato nientemeno che Annibale, Il quale nel terzo secolo avanti Cristo, alla testa dell'esercito cartaginese, avrebbe fatto sosta o di qua o di là sulle alpi piemontesi ed avrebbe rifocillato il suo esercito con le rinomate tome di montagna. Ed ogni formaggio alpino torinese o cuneese racconta la medesima fregnaccia nel momento in cui vuol fare risalire la gloriosa storiografia del proprio prodotto a periodi così remoti. Così... Tanto per caricare un po' di antologia.
Molto francese questa tendenza! Non c'è dubbio.
Molto francese la tendenza a spararla grossa.
Ai tempi di Annibale non c'erano vacche sulle Alpi piemontesi! Non c'erano perchè lì la tecnica della pastorizia e dell'allevamento non avevano ancora fatto presa. E nemmeno l'uso del caglio se vogliamo dirla tutta per andare fino in fondo. Figuriamoci se addirittura ci fossero stati allevamenti in grado di sfamare un esercito con il formaggio. Un esercito poi composto da libici e mercenari che manco avevano idea che di che cosa fosse il formaggio.
Il formaggio in Piemonte nasce per caso e con il caso prende mille strade diverse.
Sulla catena montuosa occidentale l'influenza franco provenzale ha prevalso su tutto e persino sul nome del formaggio principale: la toma.
Non è ben chiaro come e da cosa nasce il nome toma ma sicuramente il dove si.
Nasce in Savoia e nel Delfinato e probabilmente prende spunto dal verbo "tumer" - cadere - riferendosi alla precipitazione (o caduta) delle proteine in fase di coagulazione.
E' una tipologia di formaggio tra i più semplici in assoluto per quanto riguarda la sua fabbricazione.
Con il latte, meglio se parzialmente scremato, portato a temperatura corporea dell'animale (37 gradi) è sufficiente aggiungere il coagulo animale e attendere quella mezzoretta. Rottura non troppo profonda con lo spino, precipitazione delle proteine, raccolta con un telo, spurgo e pressatura.
Salatura a secco per due-tre giorni e voilà in cantina dove verrà rivoltata quasi tutti i giorni per due mesi.
Tradizione millenaria, quasi (Annibale passò le Alpi 2300 anni fa, cari antologisti!). Ma limitata quasi esclusivamente lì. La toma difatti non subisce alcuna lavorazione in fase di stagionatura e questo farà sì che sulla superficie si produca... la CROSTA. Che non si mangia!
In tante altre parti d'Italia il formaggio vaccino difatti si presenta diverso a partire proprio dalla sua superficie esterna.
Vi svelo un segreto: quella del Parmigiano si chiama SCORZA, quella del caciocavallo si chiama BUCCIA, quella della mozzarella si chiama PELLE.
Il caro Piemonte del formaggio, come da titolo, è forse la regione caseosa più eterogenea e svariata d'Italia. E se lo gioca questo primato con la regione più lontana in assoluto. La Sicilia.
Eterogenea per varietà e tipologia di lavorazione.
Eterogenea per differenzazione di specie animali.
Eterogenea per tipologie pedoclimatiche.
Abbiamo vacche su tutto l'arco alpino ed in tutta la pianura. Abbiamo capre e pecore su tutto l'arco alpino e nelle colline del profondo Piemonte del vino.
Abbiamo quasi tutti i tipi di lavorazione in base alla pasta (a pasta cruda, le tome ed il gorgonzola, a pasta cotta, il bettelmatt; a pasta semicotta il grana padano, a pasta cruda tritata, il Castelmagno).
- In base alla tipologia di superficie (a crosta, le tome, il Bra ed il Raschera; a crosta lavata, il Bettelmatt)
- In base alle tipologie di coagulazione (a coagulazione lattica, la Robiola di Roccaverano e tutta una enorme serie di tomini e robiole fresche vaccine e caprine; a coagulazione presamica tutti gli altri formaggi semistagionati e stagionati).
Si. Sono ben 10 i formaggi che si fregiano della denominazione di origine in Piemonte di cui ben 7 in via esclusive regionale e sono la TOMA PIEMONTESE DOP, il BRA DOP, il RASCHERA DOP, il CASTEMAGNO DOP; il MURAZZANO DOP, la ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP, L'OSSOLANO DOP.
Gli altri tre che sono presenti ma non esclusivi piemontesi sono: il GRANA PADANO DOP, IL GORGONZOLA DOP, il TALEGGIO DOP.
Tra le altre cose il Piemonte è la culla del PRESIDIO SLOW FOOD.
E' piemontese il suo ideatore, ispiratore e fondatore Carlin Petrini. E' tuttora in Piemonte, a Bra in provincia di Cuneo la sede operativa ed è proprio a Bra che il Presidio slow food organizza la più grande rassegna internazionale del formaggio che cade ogni due anni al terzo fine settimana del mese di settembre.
E Slow Food non si occupa solo di formaggio anzi.
Ma il mondo caseario è stato sicuramente il primo ed il più consistente ad ispirare tutto il progetto Slow Food.
In Piemonte abbiamo 8 formaggi che sono stati presi in considerazione e messi sotto tutela dal Presidio Slow food e sono il Cevrin di Coazze, il Montebore, il Macagn, il Saras del fen, il toumin del mel, il Castelmagno d'Alpeggio (non tutti ma solo quelli che oltre al solo pascolo in alpeggio d'estate svolgono tutta la lavorazione in alpeggio. Il loro formaggio invernale non si pone sotto slow food), la Robiola di Roccaverano (solo quella estiva e di pascolo verde) e la Tuma di pecora delle Langhe.
Slow food è quell'ente che si è prefisso di tutelare quelle piccole produzioni STORICHE, GRANDI ma non abbastanza per costituire una Dop, conosciute anche al di fuori del proprio territorio specifico e soprattutto TRADIZIONALI.
Tradizionali significa anche che il processo industriale o comunque in qualche modo intensivo non entra mai in nessuna fase della produzione.
Slow food può ergersi a presidio anche solo di una singola fase o passaggio della produzione.
Non mancano in tutta Italia esempi di formaggi già tutelati da una DOP, che in alcuni casi, possono anche fregiarsi di un ulteriore tutela con il Presidio Slow food. In Piemonte abbiamo l'esempio della Robiola di Roccaverano DOP e del Castelmagno DOP che possono aggiungere alla denominazione di origine il titolo di slow food al verificarsi di alcune condizioni specifiche.
Il Ciabrot ai fichi è un formaggio di latte caprino e vaccino al 50% a coagulazione presamica prodotto da allevatori di montagna sopra i 900 metri nella Valle Grana in provincia di Cuneo. …
Il Ciabrot alle castagne è un formaggio di latte caprino e vaccino al 50% a coagulazione presamica prodotto da allevatori di montagna sopra i 900 metri nella Valle Grana in provincia di Cuneo. …
Il Ciabrot alle noci è un formaggio di latte caprino e vaccino al 50% a coagulazione presamica prodotto da allevatori di montagna sopra i 900 metri nella Valle Grana in provincia di Cuneo. …
Il Ciabrot alle vinacce è un formaggio di latte caprino e vaccino al 50% a coagulazione presamica prodotto da allevatori di montagna sopra i 900 metri nella Valle Grana in provincia di Cuneo. …
Il formaggio Bettelmatt è l'orgoglio supremo della Val Formazza al termine più a nord delle Valli Ossolane. Nella terra dei Walser e cioè un'antica stirpe tedesca del sud nasce nel corso dei secoli uno dei più straordinari formaggi d'alpeggio dell'intero arco alpino. Il Bettelmatt è un formaggio che nasce e si produce esclusivamente nel corso dei 75-90...
La forma di questo prodotto caseario delle alpi cuneesi ricorda il famoso dolce al cioccolato di nocciole tipico di Torino ovvero il gianduiotto. …
Una toma dalla forma particolare, che ricorda il famoso cioccolatino Piemotese. La crosta si presenta sottile e di colore grigio, con colorazioni dal giallo al rosso legate alla formazione di muffe che si sviluppano nelle cantine umide. …
Il Gobbo di Gerb tramanda una ricetta casearia tradizionale di un piccolo paese della nostra alta valle, Gerbido. Crosta sottile e grigio chiara che si fa più scura e rugosa dopo i primi due mesi di vita, tendendo a volte ad un tenue bruno. …
Il Gobbo di Gerb tramanda una ricetta casearia tradizionale di un piccolo paese della nostra alta valle, Gerbido. Crosta sottile e grigio chiara che si fa più scura e rugosa dopo i primi due mesi di vita, tendendo a volte ad un tenue bruno. …
Il Gobbo di Gerb tramanda una ricetta casearia tradizionale di un piccolo paese della nostra alta valle, Gerbido. Crosta sottile e grigio chiara che si fa più scura e rugosa dopo i primi due mesi di vita, tendendo a volte ad un tenue bruno. …
Il Gobbo di Gerb tramanda una ricetta caseariatradizionale di un piccolo paese della nostra alta valle, Gerbido. Crosta sottile e grigio chiara che si fa più scura e rugosa dopo i primi due mesi di vita, tendendo a volte ad un tenue bruno. …