Montèbore

Imballo refrigerato

Il formaggio Montèbore è un vero e proprio formaggio riscoperto dopo decenni di abbandono ed oggi è tutelato dal Presidio slow food che ha lo scopo di tutelare e non disperdere prodotti del territorio ancestrali e a rischio di estinzione. Ha una forma caratteristica unica composta di tre robiole una sopra l'altra in formato decrescente fino a comporre una torta nuziale. …

Maggiori dettagli

Informazioni sul prodotto

Alla Basilica di San Formaggio trovi il Montèbore semistagionato e lo stagionato cliccando sulla tendina "formato" in alto a destra.

Il Montèbore: le sue origini e la rinascita

La storia del Montèbore naviga i secoli. Si pensi che addirittura la sua prima citazione ufficiale risale al 1153 ed era ancora in latino ed asseriva ad una cessione di 100 robioline di tal formaggio di Montèbore in cambio di non si sà che cosa. Alla fine del XII secolo poi si hanno tracce di una donazione di cinquanta formine da parte di un ricco tortonese ad un alto prelato per cercare di perorare una promozione al fratello prete.

Nel 1489 poi avvenne il tripudio. Il Montèbore citato come "celebre formaggio di Tortona" arriva sul banchetto nuziale a Milano di Isabella d'Aragona e GianGaleazzo Sforza figlio del Duca di Milano. La celebrazione di tal evento fu affidata niente meno che a Leonardo Da Vinci, che tra le le tante cose, era anche un esperto e raffinato gastronomo.

A fine 1800 tal Aristide Arzano noto animatore della vita vita sociale e culturale di Tortona cita le pregiate robioline a torta nuziale perorando l'allestimento di fiere e feste della sua città. Nel secolo XX, prima del secondo conflitto mondiale nelle campagne tortonesi si arrivarono a produrre fino a 12 quintali di formaggio Montébore ma l'inizio della guerra e il successivo spopolamento delle campagne a favore delle grandi città provocò il totale abbandono di questa produzione.

Nel 1997 grazie all'intuizione di pochi eroi e con l'approvazione del Progetto di Filiera della Comunità Valli Curone Grue Ossona e Valli Borbera e Valle Spinti si è cercato di rilanciare la storia di questo prodotto glorioso.

Carolina Bracco era un'anziana signora di Montebore ed era considerata l'unica depositaria dell'antica ricetta di produzione del formaggio Montèbore ed attraverso di lei ed il suo sapere si era andato costituendo il nuovo comitato del Montèbore nel mondo.

Si preservò innanzitutto il nome che si presume si rifacesse ad una torre medievale presente proprio nel territorio di Montèbore che è tuttora un piccolo paesino della Val Curone tra la Val Grue e la Val Borbera in provincia di Alessandria e che, suddetta torre, in origine avesse proprio la forma a tre cilindri sovrapposti di grandezza decrescente.

Con la collaborazione dell'Istituto Caseario di Moretta e della Facoltà di agraria dell'Università di Torino sì è ricostruita la tecnica casearia e con le analisi sensoriali comparative si è arrivati a riprodurre il sapore di quello che il Montèbore fu.

Nel 1999 il rinato Montèbore fu presentato a "Cheese" di Bra, nota rassegna mondiale del formaggio riattirando l'attenzione della stampa specializzata di tutto il mondo. Ai giorni nostri e quindi nel 2001 venne istituito finalmente il disciplinare di produzione, il consorzio di tutela e il conseguente deposito del marchio.

Area di produzione del Montèbore

La produzione del Montèbore è limitatissima e sussiste esclusivamente nei comuni della Comunità montana Terre del Giarolo, in particolare a Mongiardino Ligure in provincia di Alessandria.

La cooperativa Vallenostra

L'unico ente costituito che ha promosso, aderito e che produce il Montèbore è la Cooperativa Vallenostra

Come si produce il Montèbore

La materia prima per produrre il Montèbore è il latte di vacca e pecora e anche capra prodotto all'interno della Cooperativa Vallenostra attraverso l'alimentazione esclusiva con foraggi freschi e affienati della zona di produzione.

Questo perchè la ricetta originale prevedeva per l'appunto di far fuoco con il legno che si aveva. Nei secoli difatti le famiglie contadine avevano pochi capi bestiame un po' di tutte le specie e anche la zona non è ricchissima di ingenti quantità di foraggio e quindi dato il poco latte disponibile era difficile procedere in modo diverso.

Le famiglie difatti, facendo la tara del latte usato per il consumo domestico, con il rimanente non avevano altra scelta che conservarlo trasformandolo in piccole robiole che poi si sovvrapponevano una sull'altra dalla più grande alla più piccola.

Si procede miscelando i due o tre latti con un massimo del 70 % di latte vaccino un tempo prodotto dalla razza locale oggi quasi scomparsa e cioè la tortonese.

Il latte viene scaldato fino a 37 gradi, aggiunto di caglio naturale e lasciato a riposare per un'ora. Dopodichè si procede alla rottura della cagliata attraverso un mestolo di legno ottenendo grumi grossi come noci.

Dopo una seconda fase di riposo di circa 30 minuti si procede ad una seconda rottura fino ad ottenere dei grumi della grandezza di una nocciola. Si ripone a questo punto le porzioni di cagliata in apposite fuscelle (I ferslin) dalla forma cilindrica delle varie dimensioni. Nella mezzora successiva si procede a quattro o cinque rivoltature del formaggio per permettere il maggiore spurgo del siero.

Si procede alla salatura manuale a secco e infine si finisce con il riporre le formine del neonato Montèbore in celle fredde per 10 ore. Passate queste si conclude con il riporre le robioline in una costruzione decrescente di tre robiole sovvrapposte.

Il Montébore perla da degustare

Il Montèbore si può degustare in tre diverse fasi di stagionatura ed in tutte offre di sè particolarità sensoriali differenti. Dopo 20 giorni è il Montèbore fresco in cui offrirà sensazioni complesse e delicate con un sapore dolce, consistenza pastosa e sensazione untuosa.

Semistagionato: entro i 4 mesi in cui si avrà un aumento più marcato delle sensazioni organolettiche ed è probabilmente questa la stagionatura di maggior mercato.

Stagionato: oltre i 4 mesi il formaggio assumerà una ben marcata granulosità che offrirà sensazioni più piccanti, comunque mai salate e si presterà anche alla grattugia per guarnire primi piatti.

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