Bitto dop

Imballo refrigerato

Il Bitto e la Valtellina sono un binomio dal suono uniforme e consecutivo da secoli. Si dice Valtellina e prima ancora dei grandi vini e dei grandi piatti di cui la Valtellina si fa culla ed interprete è quasi impossibile non accostarla al nome del Bitto e non solo per un torrentino che inizia a Gerola e per soli 16 km attraversa la Valle Di Gerola medesima e si tuffa nell'Adda nei press …

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Origine e storia del Bitto, il principe della Valtellina

A detta degli storici il nome Bitto sembra derivi dal celtico "Bitu" che etimologicamente significa "perenne". Probabilmente la parola si riferiva già all'epoca alla strordinaria capacità di quel formaggio che i celti misero a punto in epoca romana di prestarsi a lunghe lunghissime stagionature.

Bitto difatti divenne il nome di quel torrente che scorreva in quella zona delimitata dove si produceva quel formaggio dalle capacità perenni.

I Celti in fuga dai Romani conquistatori trovarono rifugio in questa zona della Valtellina delimitata e protetta dalla morfologia del territorio ed essendo già grandi maestri nell'uso del caglio animale furono i padri di uno dei più noti e storici formaggi di tutto l'arco alpino.

La tradizione del formaggio di nome Bitto si protrasse lungo il corso di tutti i secoli tramandando di padre in figlio le antiche tecniche di produzione fatta interamente in alpeggio. Difatti, a tutt'oggi la vita dell'allevatore di alta montagna della Valtellina è dura ed ancestrale in tutte le fasi dalla monticazione alla transumanza autunnale.

E considerata la geolocazione del territorio in cui è ubicata non è difficile pensare che questa, nel corso dei secoli, abbia fatto da scudo alle interferenze esterne fatte di guerre e di sconvolgimenti sociopolitici.

Il consorzio del Bitto dop

Nel 1995 viene istituito in un unico ente il Consorzio di tutela del Bitto e del Casera che erano (e sono) alle origini i due formaggi della Valtellina. Il primo, un tempo, era il formaggio estivo di alpeggio mentre il secondo era il formaggio invernale con alimentazione da fieno. Oggi si producono entrambi tutto l'anno.

Il Consorzio nacque con lo scopo di difendere l'unicità dei formaggi valtellinesi, tutelarli dalle imitazioni e promuoverli sui mercati nazionali ed esteri. Nel 1996 il Bitto, insieme al Casera, ottiene la denominazione d'origine protetta europea.

Bitto dop e Bitto storico: una lunga guerra

Nel 1996 con l'ottenimento della certificazione di origine, il Consorzio di tutela decise di ampliare i confini di delimitazione a tutta la Valtellina venendo incontro a tutta l'insistente domanda di tanti allevatori situati al di fuori della cerchia della Valle di Gerola alta.

Questa decisione avvenne in contemporanea alla domanda di poter inserire nel disciplinare di produzione anche la facoltizzazione della presenza di latte di capra orobica (che invece gli ortodossi del Bitto consideravano e considerano imprescindibile insieme alla lavorazione a caldo).

In più veniva data la possibilità di produrre bitto anche non escludendo dall'alimentazione delle bovine dei fermentati. I quattordici produttori, chiamiamoli così, ortodossi, si ribellarono apertamente minacciando scissioni e carte bollate. Si proseguì così fino al raggiungimento di una pace armata siglata il 14 novembre 2014 in cui si convenne il riconoscimento di due prodotti diversi con il medesimo nome all'interno dello stesso consorzio.

Il primo Il Bitto dop, l'ufficiale, il secondo, Il Bitto storico, anche lui l'ufficiale...almeno così nelle intenzioni dei suoi sostenitori. Ovviamente la diatriba è proseguita con scaramucce sfociate anche addirittura in fiere di promozione opposte in cui gli ortodossi continuarono la loro guerriglia sorretti anche dall'appoggio di Slow Food.

Già nel 2010 difatti i quattordici eroi del Bitto storico si consociarono in nuovo consorzio denominato "Consorzio per la salvaguardia del Bitto Storico" che prevedeva la rigorosa salvaguardia di tutte le antiche tradizioni e cioè la lavorazione a caldo nei calecc di alpeggio, l'introduzione del 10% di latte di capra di razza orobica, la mungitura solo a mano degli animali e l'alimentazione solo con foraggio fresco.

Ad oggi la tregua armata è terminata e i produttori "storici" hanno lasciato definitivamente il consorzio del Bitto, hanno rinunciato al nome Bitto ed hanno chiamato il loro prodotto "Storico ribelle".

Ovviamente la valorizzazione di questo prodotto ha fatto lievitare i prezzi dello "Storico" in misura esponenziale portando la vendita all'asta di alcune forme di stagionatura decennale fino a prezzi di 200 euro al chilogrammo!

Come si produce il Bitto dop

Il latte vaccino intero e crudo (con eventuale e facoltativa aggiunta di latte caprino in misura non superiore al 10%) viene cagliato ancora caldo. La cagliata che si ottiene si indurisce fin quando l'esperienza del casaro lo decide e la sottopone alla rottura dopo aver rimosso lo strato superficiale di grasso affiorante con movimenti lenti e manuali.

La rottura avviene mediante il taglio di grosse fette che favoriranno un primo spurgo grossolano del siero. Dopodichè avviene una seconda rottura con la lira e la frantumazione con uno strumento chiamato "spino" fino alla riduzione in piccoli grumi. Giunti a questo punto ed eliminata una seconda quantità di siero, la massa caseosa verrà sottoposta a cottura alla temperatura di 48-52 gradi e durante questa fase si continuerà a rimestare fino ad ottenere una aggregazione dei grumi.

Terminata la seconda cottura i granuli aggregati si adagieranno naturalmente sul fondo della caldaia in rame, si addenseranno ulteriormente e verranno infini estratti e depositati nelle fascere a scalzo concavo.

Le forme del neonato Bitto verranno sottoposte a pressatura per circa 24 ore e dopo questa fase vengono messa a salatura a secco o in salamoia per immersione. Terminata così la lavorazione si passa alla stagionatura nelle "casere" alla temperatura costante di 12-16 gradi e alta umidità relativa di circa 80-90%.

Nelle casere, ogni giorno, le forme di bitto verranno rivoltate e spazzolate costantemente. Per essere messo in commercio, il Bitto dop necessita di almeno 60 giorni di stagionatura.

Come si produce il Bitto storico detto solo più "Storico" o "Storico ribelle"

Lo Storico nasce e si produce esclusivamente d'estate in alpeggio a quota minima di 2000 metri e in una zona molto limitata e cioè quella intorno al torrente Bitto in Val Gerola più alcune zone dell'Alta Val Brembana.

La produzione di questo formaggio è letteralmente itinerante nel senso che si sposta di pascolo in pascolo usufruendo dei "calecc" che sono costruzioni in pietra diroccate a cui si appone in copertura un tendone per coprirsi dalle avversità atmosferiche. Il latte vaccino appena munto a mano viene addizionato di latte di capra di razza orobica in misura dal 10 al 20% anch'esso munto a mano.

La miscela viene rovesciata nella "culdèra" che è una caldaia di rame a forma di campana rovesciata e scaldata fino a 35-37 gradi, mescolata e cagliata con caglio di vitello. Dopo 35 minuti, la cagliata formata viene ridotta con utensili in legno fino ad ottenere dei grumi della grandezza di un chicco di riso.

La culdèra a questo punto viene riposizionata sul fuoco fino ad ottenere una temperatura di 50-52 gradi. Dopodichè viene estratta e depositata in fascere di legno e pressata. Viene poi salata a secco e dopo qualche giorno viene trasportata nelle casere d'alpe per porla a prima stagionatura. Nelle casere d'alpe si trova una temperatura di 12-16 gradi con un'umidità molto alta.

Qui resta 70 giorni al termine dei quali viene portata nei locali unici di stagionatura del Consorzio dello Storico ribelle a Gerola dove verrà marchiato a fuoco la data di produzione, il nome del produttore ed eventuali altre personalizzazioni anche commissionate dai compratori in anticipo.

In questi locali il formaggio "Storico" viene portato a stagionature anche lunghissime e cioè anche fino a 10 anni.

Il Bitto: un grande formaggio, una grande stagionatura

Il Bitto dop e lo Storico ribelle sono formaggi che a differenza di tutti gli altri si prestano a stagionature anche lunghissime come abbiamo visto anche fino a 10 anni.

Durante la stagionatura lunga il bitto aumenterà la granulosità della pasta fino a diventare un formaggio durissimo ma che migliorerà via via la sua struttura e il suo sapore apportando note floreali alpine anche piacevolmente amarognole nel finale. Si presenta in forme dagli 8 ai 10 chili con scalzo concavo dovuto alle fascere in cui viene pressato.

Lo scalzo concavo aveva in origine ed ha la funzione di favorire la penetrazione uniforme del sale nelle fasi di salatura.

Il Bitto nei piatti della Valtellina

Ovviamente il Bitto è un formaggio da grande degustazione in purezza soprattutto quando è stato sottoposto a stagionature importanti. Ma la Valtellina è una regione della Lombardia con altissime vocazioni enogastronomiche e soprattutto con piatti a base di formaggio e burro.

Ecco che quindi il Bitto entra nelle ricette più importanti come i famosissimi pizzoccheri e nella preparazione degli Sciatt. In questi due piatti accompagnati da robuste polentate il formaggio è il componente principale.

Il Bitto: grandi vini per un grande formaggio

La degustazione del Bitto è completa quando è accompagnato da grandi vini rossi robusti e strutturati di cui la Valtellina è assolutamente dotata. Un grande Valtellina Superiore DOCG è probabilmente il suo connubbio perfetto.

Ma anche Lo SForzato che è una declinazione del Superiore con i suoi 15 gradi alcolici non mancherà di rimarcare il suo valore insieme al formaggio principe della Valtellina e cioè il Bitto.

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